domenica 31 luglio 2016

Pensioni pubbliche e private: qualche dato e troppe opinioni

(...per voi non è una novità - almeno, per quelli di voi che hanno fatto i compiti a casa! Lo scopo del gioco, nell'economia delle bolle, è portare denaro fresco al circuito della finanza privata. La demonizzazione della finanza pubblica in tutte le sue forme di intermediazione del risparmio - dal debito pubblico, alle pensioni pubbliche, alla sanità pubblica, alla scuola pubblica - è ideologicamente orientata a sostituire queste forme di intermediazione con altre forme, private: debito privato, pensioni private, sanità privata, scuola privata. Bisogna quindi dire che il debito pubblico è troppo (salvo farlo aumentare con l'austerità), che la sanità pubblica non funziona (salvo farla funzionare peggio per privatizzarla) ecc. In questo modo, una massa di denaro fresco viene sottratta al circuito di intermediazione pubblico e destinata ad acquistare carta privata, gonfiandone il valore, fino a quando il palloncino scoppia. Lo ho spiegato chiaramente in Crisi finanziaria e governo dell'economia. Chi non l'ha letto non l'ha capito, ma, come diceva Satie, "Si la musique ne plaît pas aux sourds, même s'ils sont muets, ce n'est pas une raison pour la méconnaître". Il problema dei sordi che incontriamo noi è che non sono muti...

Comunque, ricevo da un abitante di Giovinia una lettera che condivido con voi. Seguirà dibattito...)




Chia.mo [Ndc: sta per chiarerrimo] Prof. Alberto Bagnai,

sono uno studente di finanza e metodi quantitativi per l’economia dell’Università degli studi di Piddinopoli (curriculum finanza e assicurazione). Durante la preparazione di un esame sulla valutazione delle imprese assicurative italiane, mi sono imbattuto in una serie di pubblicazioni da parte dell’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) che sono decisamente illuminanti. Mi scuso della lunghezza della mail ma per evitare di parlare a sproposito (speriamo) l’ho dovuta scrivere così.

Visto che oramai sono un appassionato lettore del suo blog Goofynomics parto dall’assunzione che non ci fosse alcun bisogno di riformare il sistema pensionistico italiano nel 2011 (a.k.a. riforma Fornero), visto che il grafico relativo all’indicatore S2:
 
 
a pagina 49 di questo report del lontano 2011 (Lei solitamente cita il fiscal sustainability report del 2012, con la riforma Monti/Fornero già implementata, mentre a me piace più questo studio in quanto dimostra che anche senza la riforma già nel 2011 si stava bene comunque [Ndc: giusto, e grazie per il contributo, ma non sono del tutto convinto che spiegare l'ovvio a dei cialtroni pezzi di sterco sia esattamente parte del mio lavoro, anche perché certe cose non le capisce solo chi non le vuole capire, e quindi il tuo lavoro, sappilo, è inutile. Però grazie sinceramente]) della commissione europea dimostra che non ne avevamo bisogno (ammesso che ancora riesca a leggere bene i grafici). 
 
Un’amante dell’austerità a tutti i costi [Ndc: questo presuppone una coppia lesbica, o un apostrofo di troppo. Preferisco la prima ipotesi: sono molto più tollerante in fatto di preferenze sessuali che di grammatica. D'altra parte, va anche scusato: è di Piddinopoli...] potrebbe argutamente far notare che i rischi riguardavano il breve termine, ma a questo punto gli si potrebbe far sommessamente notare che il fiscal sustainability report della commissione europea del 2102 riportava dei valori dell’indicatore S0 per l’anno 2011 sotto la soglia di pericolo:
 
 
(threshold, per gli amanti dell’inglese a tutti i costi), come peraltro lei ci ha fatto notare in numerosi e svariati suoi articoli nel blog. Quindi il succo della questione è che le prestazioni pensionistiche garantite dal sistema pubblico (che erano delle pensioni decenti) non rappresentavano una minaccia per la tenuta dei conti pubblici né tantomeno una minaccia per la sostenibilità del debito pubblico a lungo e a breve termine e quindi a questo punto possiamo finalmente metterci anche noi al riparo con il famigerato “CE LO DICE L’EUROPA” (ma non ce lo chiede, aggiungerei).

[Ndc: applausi!...]

Ed ecco che veniamo alla crescita della raccolta premi ramo vita. [Ndc: e qui cominciano i problemi...].
 
L’ipotesi dalla quale parto è la seguente: se lo stato non mi garantisce più delle prestazioni pensionistiche decenti e decorose, l’unica cosa che mi rimane è di rivolgermi al sistema privato [Ndc: un primer su questo argomento è rinvenibile a questo link]. L’unico problema è che i contributi che vengono versati all’aerarium (INPS) non si possono dirottare su piani pensionistici privati, pertanto per garantirmi una pensione (a.k.a. consumo posticipato) dovrò necessariamente rinunciare a parte dello stipendio (consumo corrente) per garantirmi in futuro una pensione decorosa (consumo posticipato). I manuali classici di politica economica e macroeconomia ci dicono, bonariamente ed ingenuamente, che il risparmio è pari agli investimenti (lo so che la sto facendo molto semplicistica, d’altra parte io studio finanza e per me la tassazione è la variabile T e molto spesso neanche la considero, poro bischero mi direbbe il mi babbo), quindi mi si direbbe che il risparmio rientra con gli investimenti e pertanto il Pil non ne risente affatto, ma neanche per sogno rispondo io. Infatti se si vanno a vedere i regolamenti per la composizione del portafoglio di investimenti per un fondo pensione si nota le compagnie assicurative sono obbligate ad investire la maggior parte delle risorse rivenienti dalla raccolta vita in titoli pubblici, quindi questo risparmio non ritorna come investimento.
 
[Ndc: Ehm... Qui l'economia c'entra poco e c'entra invece la contabilità, che abbiamo spiegato illustrando il caso della Grecia. Il ragionamento dell'amico di Piddinopoli presuppone che lo Stato getti in un vulcano i soldi che raccoglie emettendo titoli. Vabbè. In realtà, a dirla tutta, le cose stanno anche peggio di come dice lui, ad esempio perché circa 60 miliardi di debito pubblico sono andati a salvare le banche di altri paesi, come sapete. Ma lasciamo stare. A Giovinia sono bravi con le cose difficili, mica con quelle semplici. Però c'è un'età per tutte le cose, e quanto segue, nonostante questa sesquipedale imprecisione, è pieno di dati  considerazioni interessanti...] 
 
Quindi il consumo e il Pil ne risentono in modo drammatico. A questo punto i più arguti mi potrebbero dire: guarda che non è detto che i lavoratori abbiano rinunciato al consumo corrente per farsi una pensione anzi è molto probabile che abbiano svuotato i conti correnti e le altre forme di risparmio per finanziare il proprio piano pensionistico privato. Anche io mi ero fatto questa domanda e la risposta è stata delle più ovvie, no non lo hanno fatto come dimostrano queste pubblicazioni dell’Ania relative alla composizione delle attività finanziarie delle famiglie italiane nel periodo 2011-2012:
 
 
(pag 113, si in questo periodo hanno drenato risorse anche dalle assicurazioni private, d’altra parte i consumi stavano diminuendo e la gente doveva pure mantenere livelli di consumo normali [Ndc: ma sai che non l'ho capita? I depositi diminuiscono in c/c diminuiscono costantemente, tuttavia questa tabella non consente di fare un'analisi dei flussi né nel senso indicato dai tuoi ipotetici interlocutori, né nel senso che sembri suggerire tu, ovvero che la gente si è privata der cibbo per pagarsi la sanità privata. Sarà sicuramente andata così in alcuni caso, ma questo dato aggregato dove dovrebbe dimostrarlo?]) e nel periodo 2013-2014:
 
 
(occhio che qui la gente si rende conto che è obbligata a fare piani pensionistici privati, e occhio che qui  aumentano anche i fondi comuni). Quindi dal mio punto di vista e ammesso che abbia interpretato bene le tabelle, questi famosi piani pensionistici, a meno di altre sorprese, sono stati finanziati diminuendo il consumo corrente [Ndc: scusa, ma hai visto il dato relativo agli investimenti in obbligazioni?]. E quindi? Se si osserva questo bellissimo grafico a pagina 10:
 
 
 
si nota che le compagnie assicurative hanno incrementato la raccolta vita (risparmio/consumo posticipato) di un 20 miliardi di € nel 2013 rispetto al 2012 e di altrettanti miliardi (sono all’incirca 25) nel 2014 rispetto al 2013. Non sono pochi circa 40 miliardi di consumi in meno [Ndc: questo lo dici tu: potrebbero essere 40 miliardi di bond privato...] in soli 2 anni alla luce del fatto che questi non sono nemmeno rientrati nel circolo economico sotto forma di investimenti dato che le compagnie sono obbligate ad investirli in titoli del debito pubblico, per la gran parte [Ndc: a parte che su questa deduzione ci sono ovvi dubbi, vorrei far notare che l'aumento ha riguardato prevalentemente le forme di assicurazione tradizionali].

Quindi? anche io a questo punto ho molti dubbi che non mi riesco a spiegare e che sono il motivo di questa mail. Il succo della mia domanda è: si è smantellato un sistema pensionistico pubblico che garantiva pensioni decenti quando non ce ne era assolutamente il bisogno, questo per favorire il sistema privato che però a sua volta ha comportato una depressione consumi (questa è una mia ipotesi supportata da quelli che io ritengo siano fatti e di cui pertanto le chiedo conferma) e quindi di minore crescita del Prodotto Interno Lordo quando in realtà noi ne avevamo disperatamente bisogno, per raggiungere cosa? La famosa decrescita? Perché se quello fosse stato l’obiettivo, a questo punto mi sento di dire che l’abbiamo centrato in pieno, bravi ragazzi! Oppure c’è di più? La volontà di voler mettere in ginocchio un intero paese? Magari da parte di qualche paese che noi consideriamo amico ma che alla luce dei fatti non lo è? Magari di uno di quelli che diceva che avevamo finanze pubbliche marce perché avevamo una spesa pensionistica insostenibile (e occhio che qui il cerchio si stringe)? [Ndc: non funziona così].

Una delle poche certezze è che le assicurazioni private ci hanno guadagnato e molto come dimostra questo bel grafico qua:
 
 
(a pagina 13). E poi se i titoli di stato erano così pericolosi come ci hanno voluto far credere, perché le assicurazioni private non hanno fatto altro che aumentare la propria esposizione in titoli pubblici nonostante la tempesta, come dimostrato qua a pagina 57?
 
 
[Ndc: ma scusa!? Prima dici che usano i titoli pubblici a copertura delle riserve perché hanno vincoli di legge in tal senso, e poi ti chiedi perché hanno aumentato la loro esposizione verso attività risk-free in un momento di crisi finanziaria? Una spiegazione più articolata qui.]
 
Non è che sapevano che i titoli pubblici non erano rischiosi ma a quel punto garantivano un’occasione ghiotta per farci profitti risk-free (questo era il vero livello di rischio visto tutto il bel discorso che ho fatto qui sopra) e quindi era bene incoraggiare e sostenere la narrazione (story telling) che lo stato era inefficiente e spendaccione, visto che questo garantiva un’aumento della raccolta e quindi un’aumento dei profitti visto che i tassi d’interesse erano così alti, sarà mica andata così?
 
Non voglio e non posso crederci, ma sembra quasi che io debba crederci. [Ndc: in Italia c'è libertà di culto, ma c'è anche libertà di non capire cosa stai dicendo].

La ringrazio vivamente dell’attenzione ma ho ritenuto che lei fosse uno dei pochi che potesse darmi delucidazioni viste le sue posizioni accademiche e le competenze. Avrei avuto altro da fare, per inciso stò diventando pazzo con i modelli arima e garch, ma questo meritava di essere approfondito. [Ndc: i Garch non si prestano al complottismo, quindi te li sconsiglio. Per il resto, grazie per i dati, ma ribadisco: il mondo non funziona così...]

Distinti Saluti

Dino Pi


(...ti arrivano lettere così, che veramente non sai come reagire. Riassumendo: non avevamo bisogno di riformare il sistema pensionistico, e questo si sapeva; Monti e la Fornero non hanno salvato alcunché perché non c'era nulla che bisognasse di essere salvato - se non da loro - e questo si sapeva; il quadro generale è quello di una diversione dei flussi di risparmio dal circuito di intermediazione pubblico a quello privato, e questo si sapeva; ma con questi dati ben noti il discorso sviluppato dal nostro amico cosa c'entra? Voglio dire: un conto è dimostrare, con la contabilità ai flussi di fondi, che il sistema delle imprese degli Stati Uniti si autofinanzia, e quindi il risparmio "fresco" delle famiglie non viene convogliato verso investimenti "produttivi" - formazione lorda di capitale fisso, alla quale le imprese provvedono coi mezzi propri - ma verso operazioni di carattere sostanzialmente finanziario con l'intermediazione del sistema dei fondi privati. Ma se vedo che la raccolta tradizionale ramo vita aumenta di 40 miliardi mentre il flusso di investimenti in titoli privati crolla cosa ne devo dedurre? Voi ci avete capito qualcosa? C'è un assicuratore in sala?

Comunque, la conferma che la Commissione Europea ce lo diceva, e quindi non ce lo chiedeva, già nel 2011, vale da sola il prezzo del biglietto. Qualcuno vada a dirlo a Ricchiardo Pagliuzza, l'autofake del pasdaran della Fornero...)

venerdì 29 luglio 2016

La deflazione (dei salari) mette tutti d'accordo

Tempo fa Federico ha segnalato su Twitter questa "notizia": secondo la scienza (che poi sarebbe una fondazione olandese legata al gioco d'azzardo) nei prossimi 30 anni l'automazione occuperà il 50% degli attuali posti di lavoro.

Vabbè...

Tralasciando il fatto che i simpatici frisoni avrebbero anche altro a cui pensare (qui due disegnini tratti dall'ultima in depth review:




Lo sapevate? Il debito delle famiglie olandesi arriva al 230% del loro reddito disponibile...), e che quindi di quello che dicono dobbiamo tenere il debito conto, cioè zero, mi pregio di sottoporre alla vostra riverita attenzione (scusandomi se vi distraggo dalla crociata) due costanti di questo tipo di notizie.

La prima è che queste analisi si fondano su un paralogismo talmente evidente che non si vede (un po' come, secondo Pitagora, noi non percepiamo l'armonia delle sfere: ma questo lo sa solo chi era a Tignale): ci viene detto che le macchine che esisteranno fra tre decenni saranno in grado di fare il 50% di quello che gli uomini fanno oggi, nel mondo di oggi, con le macchine di oggi. Ora, la dottoressa Arcazzo non saprebbe esprimere concetto più profondo.

Applicate la backward induction. Pensate: con una Browning M2 un soldato di oggi, purché posto in posizione lievemente dominante e adeguatamente munito di munizioni (appunto), potrebbe sterminare (se ci fosse) un'intera orda di unni del V secolo d.C. lanciati al galoppo. Secondo i gambler frisoni questo spiega perché oggi gli eserciti, come tutti vedono, sono disoccupati, giusto? Ragionamento impeccabile, con un unico lieve e facilmente occultabile difetto: nel XXI secolo non ci sono gli unni del V secolo (però c'è il Fmi).

Noi non sappiamo come sarà il mondo fra 30 anni.

Però da circa 3000 anni sappiamo com'era il mondo 30 anni fa, ed era più o meno come quello di oggi. Il progresso c'è sempre stato, ed è stato fuoco, amigdala, ruota (non so esattamente l'ordine, ma sicuramente fra voi c'è un paleoantropologo), bronzo, ferro, ecc. Ci sono sempre stati i forti e i deboli, e i primi non hanno quasi mai ambito a fare l'interesse dei secondi, perché aiutare i deboli a diventare forti significa ridurre la propria fetta di torta. Dice: "Ma il progresso aumenta la torta! Vuoi mettere, ad esempio, un aratro di legno con l'agricoltura industrializzata che il TTIP ci vuole imporre! Sai la produttività?" Certo. Il progresso porta un aumento della produttività. Ma l'evoluzione della società porta uno sviluppo delle aspirazioni individuali, un aumento dei bisogni (reali o presunti ma comunque sempre legittimi). Alla fine il limite analitico di queste analisi sta nel considerare solo il lato dell'offerta. Certo che per produrre quello che ci occorre oggi le macchine di domani saranno più efficienti. Ma domani ci occorrerà quello che ci occorrerà domani (se avete difficoltà a capire la frase rileggetela, pensando che domani è un altro giorno, e non è ancora arrivato), e quindi avremo bisogno di creare molto più valore aggiunto di quanto ce ne occorra oggi, perché domani ne domanderemo di più.

Strano, eh? Gli uomini non vogliono stare bene: vogliono stare meglio. Ve ne eravate accorti? Certo. il meglio rischia di essere nemico del bene. Ma chi si accontenta gode poco, e comunque da quattro milioni di anni noi funzioniamo così. Attendo fiducioso la #pirreviù dell'antropologo di turno.

Quindi le analisi dei simpatici gambler frisoni non valgono la carta sulla quale potreste stamparle. Come dico ne L'Italia può farcela, se lo squilibrio distributivo (o la disoccupazione, che poi è la causa e l'effetto dello squilibrio) fossero un portato del progresso tecnico, a parecchie decine di migliaia di anni dall'invenzione dell'amigdala un'unica persona dovrebbe guadagnare 60.000 miliardi di dollari, e gli altri sei miliardi di persone avere un reddito zero (e essere disoccupate). Non è così, ovviamente.

Ma qui si inserisce la seconda considerazione, la seconda costante di questo tipo di "ragionamenti". In tutta evidenza, "notizie" di questo tipo vogliono condurvi subliminalmente ad accettare come dato "naturale", perché portato di un progresso "tecnico" supposto "neutrale" in termini di scelte sociali e politiche, il fatto che voi veniate pagati di meno. E certo: se quello che fate voi lo può fare una macchina, sarete disoccupati: pensate! Il 50% della forza lavoro sarà sostituita da macchine (fatte da chi?). Eh, è proprio vero, signora mia... Purtroppo er progresso è tanta 'na bella cosa, se sa, ma laggente rimangono senza lavoro, e bisognerà da pagalli perché se ne stieno a casa...

Chiaro, no?

Ovviamente, se questa notizia ti arriva tornando da un concerto fatto a 45 minuti da Perugia, in una località collegata da strade percorribili solo a 30 all'ora perché sono una interminabile sequenza di buche (e con segnaletica non sempre in ottimissime condizioni), dove sta il trucco lo capisci prima...

Ma credo che dove sia il trucco lo vediate anche voi.

Quella di distribuire il reddito in un modo o nell'altro è una scelta intrinsecamente politica: la disoccupazione deprime la quota salari, e la scelta di darsi come obiettivo politico l'occupabilità, invece dell'occupazione, è una precisa scelta politica inquadrata in un disegno politico formulato dal quell'organismo di indirizzo politico privo di responsabilità politica che è l'OCSE ormai da anni, come ci ha spiegato Agénor.

La sintesi è che se sarete disoccupati, o sottopagati, oggi come fra trent'anni (o come trenta, o tremila, anni or sono), la tecnologia, la scienza, c'entrano ben poco. C'entra invece la politica, che sa prendere forme insidiose per sottrarvi ciò che vi spetta.

Ascoltando Lavoie all'EAEPE Summer School ho avuto diversi momenti di autentico godimento (unico problema: non vuole prendere atto del fatto che esiste una gerarchia internazionale dei mezzi di pagamento e quindi un vincolo esterno: ma di questo credo che avremo occasione di parlare con calma a marzo a Paris XIII). Uno di questi momenti si è presentato quando Lavoie ha argomentato, con ricca bibliografia, la critica a uno dei caposaldi del donaldismo, il famoso ELR (Employer of Last Resort).

(...per gli ultimi arrivati: me ne fotto se Trump si chiama Donald. Per noi Donald è un'altra cosa. Ho scritto un glossario. Leggetelo. Se non vi va di farlo, andatevene. Se non avete voglia di imparare siete inutili, quindi dannosi...)

In effetti, è difficile sfuggire all'impressione che le cose stiano proprio come le mette Malcolm Sawyer:

Di fatto, costituendosi come "datore di lavoro di ultima istanza", lo Stato interverrebbe nel conflitto distributivo fissando il livello del salario di riserva. Se lo stato ti dà 700 euro al mese per farti tagliare l'erba nelle aiuole, ovviamente sarà difficile che un imprenditore possa dartene più di 700,50 per farti fare un'altra cosa. Tanto, se ti lamenti, l'imprenditore ti dà un calcio nel sedere, e babbo Stato (controllato dai potenti e non dai deboli) interviene a darti la mancetta, sedando (che non viene da sedere, ma da sedare, anche se alla fine finisce lì) il conflitto sociale.

Geniale, vero?

Per quanto ciò possa sembrare assurda, questa storia quadra molto con la favoletta del giornalista indipendente di regime che va un anno in America (cioè nella potenza imperialista attualmente interessata a mantenere in vita l'euro) e torna sapendo tutto perché ha studiato un sacco con un sacco di economisti un sacco fichi e un sacco di sinistra, per poi diventare intellettuale critico di regime in una trasmissione dove la metà del pubblico ai bei tempi era composto da comparse di FARE (lo ricordate?) e la cui raison d'être era molto evidentemente buttarla in vacca, facendo apparire per pazzo chiunque articolasse una critica scientificamente fondata all'euro... Tutto il dibattito farlocco su "il reddito di cittadinanza (aka reddito della gleba) non è il reddito minimo", "l'ELR è una cosa un sacco alternativa che ha salvato l'Argentina perché ne parla un giornalista un sacco coraggioso" ecc., va ovviamente in cocci di fronte non appena si faccia un minimo sforzo per innalzarsi e ampliare gli orizzonti. Lo scopo è sempre e solo uno: orientare il conflitto distributivo a favore del capitale, o placare gli sconfitti di questo conflitto (dove "o" sta per "vel" e non per "aut": ma "e/o" lo lascio scrivere ai sindacalisti).

Cadono veramente le braccia di fronte all'ingenuità di certi commentatori (e dell'infinito numero dei tifosi da stadio). Ma questa è la democrazia, pare...

Eppure non è strano. Lo scopo del capitale è appropriarsi di una quota preponderante di valore aggiunto, e per farlo, naturalmente, il capitale deve sottrarla al lavoro. Ci sono tanti modi per farlo. Chiedere allo Stato, governato da interessi oligarchici, di fissare un salario di riserva da fame è uno dei tanti possibili modi: alla fine, il più pulito. Poi ce n'è un altro, questo:


Ciao Alberto,

spero che tu e tutta la tua famiglia stiate bene e mi auguro di poter trovare il tempo di partecipare a qualche evento, magari al Goofy 5 non foss’altro che per avere il piacere di salutarti di persona.

Ti disturbo perché sono stato contattato dalla “International academy of Florence” che mi propone nientepopodimeno che di partecipare ad un progetto finanziato dal ministero del lavoro e delle politiche sociali, mirante alla:

PROMOZIONE DELLA MOBILITA’ INTERNAZIONALE DEI LAVORI ATTRAVERSO TIROCINI FORMATIVI DI CITTADINI STRANIERI CHE FANNO INGRESSO IN ITALIA.

Il programma intende contribuire alla qualificazione dei flussi migratori di ingresso in Italia anche al fine di promuovere meccanismi efficienti di incontro domanda-offerta e sperimentare modalità sostenibili e innovative per la mobilità circolare dei lavoratori.

I percorsi di tirocinio devono avere una durata minima di 3 mesi e massima di 6 mesi.
L’attività di lavoro dovrà avere una durata compresa tra un minimo di 20 ed un massimo di 30 ore settimanali.
·         Il tutto con il semplice pagamento dei seguenti costi: 

“Fornire vitto ai tirocinanti
·         Sostenere i costi di assicurazioni INAIL ed RCA.

I Soggetti Promotori (Mahasara Italia ong) si impegnano :

·         Rimborso di un’indennità mensile erogata al Lavoratore di € 500,00
·         Sostenere i costi per l’alloggio dei lavoratori
·         Sostenere le procedure presso gli Uffici regionali e i costi per il visto d’ingresso e il permesso di soggiorno”.

(il virgolettato è preso pari pari dal testo)

In pratica fornendo vitto gratuito (senza peraltro specificare le condizioni quindi va bene anche pane e cipolla) più poche decine di euro mensili per inail e rca  mi verrebbe fornita manodopera nella quantità desiderata: uno, dieci, cento? Al costo per me di euro 0 al mese per 30 ore settimanali ovvero 130 mensili di lavoro, mentre i soggetti promotori erogherebbero al lavoratore la strabiliante cifra di euro 500,00 mensili, per una fantastica paga oraria di euro 3,85 scarsi  e  l’alloggio alle condizioni che orsù gli pare.  Una genialata! La svalutazione del lavoro all’ennesima potenza, per la serie a noi la riforma Hartz ci fa una s..a.

Nelle attuali condizioni di mercato, con decine di migliaia di imprese alla canna del gas non dubito che più di qualche imprenditore coglierà la palla al balzo per sostituire gli inefficienti lavoratori autoctoni con i nuovi schiavi, pardon, "stranieri in tirocinio formativo", appositamente fatti affluire nel nostro esangue paese per sostituire i riottosi scansafatiche Italiani che, poffarbacco, si rifiutano di lavorare per lo strabiliante salario di euro 3,85 l’ora, peraltro pagati da ente erogatore diverso dall’azienda e quindi a carico dello stato, senza contributi, previdenza, assistenza sanitaria… forse e pensione post mortem….

Non sono neanche più arrabbiato, sono furioso, perché so che presto mi ritroverò ad affrontare una concorrenza che userà ed abuserà di questi strumenti e mi spingerà fuori mercato, visto che mi rifiuto di essere complice di questo schifo.

In allegato troverai il testo completo che mi hanno inviato per mail, te lo invio insieme ad una fornitura di maalox che ti sarà oltremodo utile durante la lettura. E’ solo una paginetta, ma basta ed avanza.  Naturalmente c’è la solita tiritera sulle finalità sociali le pari condizioni dei tirocinanti con i lavoratori Italiani che a  me sembra quasi una minaccia : ”presto anche voi Italiani sarete trattati e pagati così”, perchè questo sembrano dire, ma forse mi sbaglio, forse sono maldisposto e prevenuto nei confronti di queste iniziative caritatevoli volte ad integrare questa marea di poveri disperati che sta sommergendo il nostro paese  e che si continua a far arrivare a ranghi serrati per usarla come forza d’urto per distruggere in via definitiva la nostra costituzione, i nostri diritti, la nostra dignità, la nostra cultura ed identità di popolo.

Sono quasi sicuro che siamo ormai arrivati al punto di non ritorno e che l’esito sarà talmente traumatico e violento da far impallidire le violenze e gli eccidi accaduti durante la seconda guerra mondiale.  Qui si rischia una carneficina, alimentata da odii sociali, razziali e religiosi impensabili anche solo vent’anni fa e quel che è peggio, creati ad arte per meschini interessi economici e luridi giochi di potere, voluti da elite dementi, arroganti ed insaziabili.  Gente che non si è ancora resa conto che non si salverà questa volta, perchè dal collasso di una nazione, di una società e di un popolo intero non si salva mai nessuno.

Hanno voluto avere tutto e tutto perderanno….però il costo dei loro errori ed orrori sarà pagato soprattutto da tutti noi.  No non ci può essere pietà o perdono per ciò che è stato fatto e non ce ne sarà.  La storia insegna a chi la vuole studiare e soprattutto capire.

E adesso che cosa si fa per impedire questi esiti e cercare di fermare la valanga od almeno tirarsi di lato prima di essere travolti?  Questa è la domanda che rivolgo a me stesso tutti i giorni ed alla quale non ho ancora trovato una risposta.  La stampa e la televisione parlano del niente, i partiti sono tutti per il “più europa”, con la sola eccezione della Lega nord, Fratelli d’Italia [Ndc: non sono così sicuro che Fratelli d'Europa sia veramente critica verso l'Europa, ma va bene così: alla fine, il mio problema non è il loro europeismo, ma quello di chi vorrei votare] e di pochi altri piccoli movimenti di fatto assai marginali.

A sinistra il nulla ed anzi l’attiva collaborazione alla realizzazione di questi folli disegni, ma in nome del “sociale” e “dell’accoglienza”, perché noi siamo la sinistra.

Tutti gli altri sono populisti, ma essere populisti significa ascoltare e cercare di mettere in pratica la volontà del popolo!!! Si chiama DEMOCRAZIA, un termine oscuro ai più, quasi una bestemmia per la sedicente sinistra e per i cosiddetti progressisti.  Che la linea la devono tracciare gli illuminati, perché il popolo non può capire, va guidato per il suo bene perché non sa quali sono i suoi veri interessi:  trovare finalmente lavoro a 3,85 euro l’ora senza previdenza, assistenza, pensione diritti, fino alla prossima deflazione salariale che la moneta unica non si tocca, perché l’eurone ci protegge e ci dà lavoro, sicurezza e stabilità, ci protegge dalla Cina e ci fa più belli e più grandi…..QUOUSQUE TANDEM  ABUTERE  CATILINA PATIENTIA NOSTRA!!!!
Un caro saluto 
(emphasis added)


In effetti l'iniziativa descritta dal nostro amico sarà senz'altro mossa dalle migliori intenzioni, non ne dubito, ci mancherebbe: l'accoglienza, l'integrazzzzione, siamo tutti fratelli...

Peraltro, cosa deve fare una ONG, se non profittare di un'iniziativa finanziata da un Ministero?

Ma i potenziali risultati quali sarebbero? Quelli che descrive lui, fra l'altro andando contro i propri interessi, perché in quanto imprenditore nel settore NACE 5510 a lui un'orda di poracci sottospecializzati e zeropagati farebbe proprio comodo. Solo che essere imprenditore non significa necessariamente essere un coglione autocentrato "a fazz tut mi!": diciamo che non è condizione necessaria né sufficiente (anche se da qui qualcuno ne è passato). Ce ne sono alcuni (pochi, lo ammetto) che capiscono che il gioco del "paga un poraccio" visto dal lato dell'offerta è senz'altro remunerativo, ma visto dal lato della domanda molto di meno. Se gestisci un albergo, non ti ci vuole molto a capire che chi è pagato 3,85 euro all'ora non potrà mai essere tuo cliente, e non perché è un tuo dipendente, ma perché, se anche fosse il dipendente di un altro, non potrebbe permettersi una vacanza. A quel punto, ti basta alzare lo sguardo, vedere che questo è il gioco che tutti stanno giocando, e da lì a preoccuparsi è un attimo. Se invece, che so, fai l'avvoltoio che compra macchinari da aziende fallite per venderle ad aziende fallende, ecco, in questo caso, data la particolare natura della tua clientela (che è a qualche grado di separazione dal consumatore finale, quello pagato 3,85!) magari ci metti un po' di più a capire, anche perché la crisi, finché dura, ti fa comodo: comprare a prezzo stracciato da un collega alla canna del gas è bello quanto pagare zero degli sventurati spinti sulle nostre coste dall'"esportazione della democrazia" (per la quale vedi le considerazioni del nostro amico)! Ma sei pur sempre una brava persona, anche se condanni i tuoi figli alla guerra civile (dando però tanti soldi in beneficenza agli istituti religiosi, anche loro, da sempre, in prima fila nell'accoglienza: ma anche loro hanno un modello di business un po' particolare...).

Ecco: reddito della gleba, reddito minimo garantito, "integrazione" dei "migranti"... Tutto concorre alla disintegrazione del lavoro nel migliore dei mondi possibili per il capitale.

A questo punto chi non ha capito o è coglione o è complice. Ma anche qui, forse, sono eccessivamente prolisso: perché essere complici di un processo simile, e non capire che alla fine schiaccerà anche te, significa, oggettivamente, essere ma di molto coglione...


venerdì 22 luglio 2016

La crisi e i CDS

La legge è uguale per tutti, almeno in teoria. La logica no. Pensate alle differenza fra condizione necessaria e sufficiente. Una condizione necessaria è un evento E che occorre si verifichi affinché accada l'evento A. Una condizione sufficiente è un evento E che basta si verifichi perché necessariamente accada l'evento A.

Se la condizione necessaria non si verifica, A non accade. Se la condizione sufficiente non si verifica, A può accadere (proprio perché la condizione sufficiente non è necessaria).

Ci sono due modi di essere diversamente logici, o diversamente leali, nel dibattito. Il primo è quello di attribuire al proprio avversario l'affermazione che una condizione necessaria sia sufficiente. 

I CDS con me l'hanno fatto migliaia di volte: "Bagnai dice che basta che usciamo (condizione sufficiente)...". No. Io (cioè i fatti) dicono che occorre che usciamo, ma non basta. Dopo occorrerà fare tante altre cose: tutte quelle descritte nel Tramonto dell'euro, cui aggiungere, al primo posto, dopo quattro anni di tentativi dei CDS di appropriarsene, riscoprendo in pompa magna l'acqua calda (via "uscita da sinistra"), due chiacchiere coi sullodati CDS. 

Il secondo modo di essere diversamente logici (o leali) è opposto: attribuire all'avversario l'idea che una condizione sufficiente sia necessaria.

E anche questo i CDS con me l'hanno fatto migliaia di volte: "Tu dici che l'euro implica l'austerità! Ma l'Inghilterra (o il Guatemala, o la Terra del principe Giorgio) non ha l'euro e ha fatto austerità!" E certo: perché l'euro è condizione sufficiente per l'austerità. Basta che ci sia il cambio fisso (o la moneta unica), e l'aggiustamento si scarica sui redditi (il recupero di competitività passa per il taglio dei salari).

Ciò non significa che dove non esiste questo ulteriore meccanismo di pressione i capitalisti siano presi da insana generosità. Significa solo che il loro compito è meno agevole. 

Ma i CDS non ammetteranno mai di essere stati i loro utili idioti. 

Ah, a proposito: CDS non significa Credit Default Swap. In questo caso significa Cretini Di Sinistra. Non una scommessa sul fallimento di uno stato. La certezza del fallimento dell'appartenenza. 

Comunque, come i fatti dimostrano, essere di sinistra non è condizione necessaria né sufficiente per essere un cretino. Anche se qualche volta aiuta. Ma cambierà, vedrete... Appena le élite daranno il liberi tutti, vedrete il fuggi fuggi degli intellettuali organici per sfuggire alla loro naturale destinazione: il cassonetto dell'umido!

Sarà un momento tragico, ma anche spassoso. 

Dieu et mon droit!


(...mi avevano detto che non c'era campo: era una bufala! Inutile dire che la padrona di casa è...)

(...ma è un'amica...)





Più vacanze (e meno Europa)

Sto partendo per una decina di giorni. Mi dicono che non avrò campo e vedo il bicchiere tutto pieno. Ci sono persone intelligenti, come Antonello, che fanno quello che deve essere fatto: leggono quanto non hanno letto, e spesso ci trovano dei QED che per carità di patria rinuncio a mettere in evidenza (esempio, per gli intenditori). Ma la piega presa dalla politica internazionale mi fa capire, soprattutto a causa delle reazioni di molti miei lettori, che è ora di depurare dalle scorie il mio folto pubblico, quand'anche queste fossero la maggioranza. Per fortuna il compito è semplice: normalmente si autoeliminano, come abbiamo visto in seguito a questo post. Di tutto ho (abbiamo?) bisogno tranne che di volenterosi ingenui (diciamo così) dagli orizzonti culturali limitati (diciamo così) pronti ad arruolarsi nella nuova guerra fra poveri del capitale. Dopo quella fra dipendenti privati e dipendenti statali, dopo quella fra figli e padri, si torna ai classici con la guerra dei bianchi contro i neri...

Distinguere oppressi da oppressori è un compito apparentemente arduo per molti, anche perché il capitale ovviamente non glielo rende semplice. Un minimo di indulgenza è quindi di rigore.

Tuttavia, constato con amarezza come l'incapacità che molti dimostrano (e ci metto anche molte maestrine con la matita blu, mie colleghe, alle quali ormai rinuncio a rispondere) di mettere in cortocircuito le menzogne degli oppressori, sia superata solo dalla loro inarrivabile capacità di passare dalla parte del torto.

Eppure sarebbe così semplice essere efficaci, soprattutto ora che le élite stanno cedendo terreno.

Pensate ad esempio a queste dichiarazioni della Boldrini: "L'Europa a due velocità c'è già".

Bene, benissimo!

Questa non è altro che l'ammissione del fallimento del "più Europa": un dato assolutamente chiaro ed evidente per la letteratura scientifica.

"La più evidente, ma anche la più paradossale, delle conseguenze involontarie dell'Unione monetaria è stata la segmentazione dell'Unione Europea, prodotta proprio da quella politica che si supponeva avrebbe reso l'unione irreversibile. Invece di diventare il simbolo visibile dell'irresistibile avanzata verso un'Europa politicamente unita, l'euro ha diviso l'Europa in diversi sottoinsiemi, in modo forse permanente. Abbiamo già un'Unione divisa in tre gruppi: i membri dell'Eurozona; gli opt-out de jure (Inghilterra, Danimarca) e de facto (Svezia); e gli altri stati membri, che ci si aspetta adottino la moneta unica non appena soddisfarranno i criteri rilevanti. In un futuro non troppo distante potrebbe emergere un quarto gruppo: quello dei paesi che hanno lasciato l'Eurozona"...

(a pag. 232 di questo libro).

Tralascio l'inqualificabile ignoranza dei nostri vertici, che nel parlare di "due velocità" apparentemente ignorano l'esistenza di tre velocità in Europa. Tralascio anche di precisare che il quarto gruppo di cui parla Majone ancora non si è manifestato, mentre ne è apparso un quinto, come (qui) previsto: quello dei paesi che abbandonano il progetto imperiale europeo.

Il punto è che un minimo di serenità e di razionalità lasciano chiaramente intendere che il progetto è destinato a crollare perché la sua logica è intrinsecamente contraddittoria (ne abbiamo parlato tante volte), il che costringe chi lo gestisce a contorsioni del pensiero e della prassi altamente autodistruttive (purtroppo anche per noi). In confronto agli Eichmann di Bruxelles, Jerry Lewis è Rudolf Nureyev. Ma certo, capire, e sfruttare dialetticamente, ritorcendoglielo contro, il fatto che quelli del più Europa (fra cui la Boldrini) hanno diviso nei fatti l'Europa che volevano unire nelle intenzioni è al di sopra delle capacità logiche dei nuovi crociati, e forse anche della maggior parte dell'elettorato italiano.

Eppure, basterebbe così poco...

Non fa niente: la verità trova la sua strada. Io auspico sempre che trovi quella dell'intelletto, diciamo "della testa", per intenderci, e per farvi capire anche quale altra strada potrebbe percorrere (siete pronti?). Voi intanto munitevi di spadone a due mani e schieratevi fra Gorla Maggiore e Solbiate Olona a difesa della valle del Seprio dalle orde dei saraceni. Quelli sì che sono un pericolo...

(...a proposito: quand'è l'ultima volta che siete andati a messa?...)

Al #goofy5 ci occuperemo razionalmente della crisi migratoria: avremo con noi Kelly Greenhill (sempre sia lodata Barbara che me l'ha fatta conoscere).

Ma ci occuperemo soprattutto delle diverse velocità: avremo un inglese, un polacco, un ceco, un ungherese. E ci occuperemo anche di chi è rimasto fermo: avremo uno spagnolo, un finlandese, e un italiano. Io.

Non avremo politici (almeno: non in carica): dopo cinque anni, mi sono arreso all'evidenza che non ci arrivano (seguiranno aneddoti), e che io non riesco a farceli arrivare. Lutto elaborato, si tira avanti. Non abbiamo mai pensato che la storia fosse finita, o che noi potessimo fermarla. Sappiamo quello che ci aspetta, sappiamo chi ringraziare.

A proposito: buone vacanze.

mercoledì 13 luglio 2016

IMF's willing executioners (aka the "what-have-we-learned boys")

C'è una cosa che non riesco a sopportare, che proprio non mi va giù, che trovo moralmente ripugnante, intellettualmente squallida, politicamente subdola, umanamente censurabile e scientificamente inconsistente: l'atteggiamento di chi, avendo gestito la crisi in nome di interessi particolari facilmente leggibili, e avendola, per questa specifica ragione, trasformata in un disastro con pochi precedenti nella storia economica recente, ora se ne esce lellero lellero a spiattellarci le "lezioni" che la crisi ci avrebbe insegnato.

La verità è un'altra.

La crisi non ci ha insegnato nulla che non sapessimo già, compreso il fatto che il suo verificarsi era inevitabile, come gli economisti post-keynesiani avevano ampiamente previsto - un riferimento fra tanti è qui.

Cosa sarebbe mai successo durante la crisi che non fosse stato descritto prima della crisi in un qualsiasi libro del primo anno?

Le politiche procicliche (i tagli, l'austerità in recessione) hanno aggravato la crisi!

È una sorpresa?

No, assolutamente no: che politiche procicliche aggravino la crisi lo troverete in qualsiasi libro di testo. Questo perché il moltiplicatore keynesiano è maggiore di uno, e quindi, se tagli di uno la spesa, tagli di più di uno il Pil, e i rapporti al Pil di deficit e debito aumentano!

È una sorpresa?

No, assolutamente no: quando il Fmi, guidato da una francese e con un capo economista francese è intervenuto strozzando, pardon, salvando la Grecia (pesantemente esposta verso le banche francesi) lo ha fatto perché ha preso una decisione politica, smentita da tutta la letteratura scientifica: quella di ipotizzare che il moltiplicatore della Grecia fosse pari a 0.5, per cui tagliando la spesa di uno il Pil sarebbe diminuito solo di un mezzo, e i rapporti al Pil di deficit e debito sarebbero diminuiti. Ma, come vi ho dimostrato per tabulas, quando il Fmi prendeva questa decisione politica, la letteratura scientifica concordemente affermava che il moltiplicatore della Grecia era (molto) superiore a uno, per cui l'austerità sarebbe stata controproducente: ogni taglio di spesa avrebbe comportato un taglio di reddito multiplo, rovinando le famiglie e le imprese, cioè l'economia.

Era tutto noto, era tutto chiaro, era tutto scritto.

Ecco, io devo dire la verità: quando poi mi trovo a convegni come quello di Villa Mondragone, dove Luigi Paganetto ha avuto la gentilezza di invitarmi, mi capita di trovarmi a disagio. Immaginatevi ad esempio di ascoltare un economista del Fmi, come l'ottimo Jonathan Ostry, che interviene, e in modo molto scientifico, distaccato, accademico, racconta che bè, sapete che nuova c'è? Abbiamo scoperto che la disuguglianza è un problema. Sì, in effetti è un problema perché certo, ci sarebbe anche un problema etico, ma soprattutto noi avremmo bisogno di crescita, e la disuguaglianza frena la crescita. Il risultato è statisticamente significativo: viene confermato anche dalle stime panel, e rimane tale anche se si utilizza lo stimatore GMM con errori standard corretti per l'autocorrelazione e l'eteroschedasticità dei residui, e si considerano gli effetti della qualità delle istituzioni, degli shock alle ragioni di scambio...

Come se qualcuno ti spiegasse che sì, in effetti, usando uno spettrofotometro, in condizioni ambientali controllate, si è riusciti ad accertare, su un numero ampiamente rilevante di campioni, che l'aceto contiene acido acetico, e quindi si ritiene che in linea di principio potrebbe anche essere usato per rimuovere quelle antiestetiche macchie bianche che il calcare lascia sul lavello della cucina, dato che, reagendo con la parte alcalina di esse, genererebbe anidride carbonica (tralasciamo i problemi per il riscaldamento globale) e un sale solubile in acqua (ma su questo non abbiamo ancora sufficienti evidenze).

Insomma, le conclusioni cui nostre nonne erano arrivate con minor dispendio di mezzi.

E poi, perché la disuguaglianza frena la crescita?

"Ah, questo ancora non lo sappiamo!"

Noi invece sì, e lo abbiamo anche detto (peraltro, senza pretendere di essere originali): perché la disuguaglianza determina indebitamento eccessivo, e questo causa crisi finanziarie, che alla crescita bene non fanno. Anche questo, per carità, ora cominciano a dirlo, lo avete visto tutti. Ma la domanda è: mentre la Grecia (per dire l'ultimo paese) veniva massacrata, voi dove eravate? A stimare tre panel coi GMM? Ma se mi chiamavate, vi distaccavo Christian (magari ci dividevamo le spese del biglietto) e la chiudevate in quattro giorni, così avreste potuto gettare un occhio distratto a quello che stava succedendo sotto le vostre finestre, o magari sareste potuti andare in biblioteca, a leggere qualche vecchio paper, come quelli che ricordavo nel post del primo maggio.

Ecco, questo "risvegliarsi" per scoprire l'acqua calda lo trovo il modo più sistemicamente controproducente di sfuggire alle proprie responsabilità politiche. Non ho nulla contro Ostry: lavora bene, e il problema non è lui. Ma i "what-have-we-learned boys" come categoria dello spirito proprio non posso sopportarli, perché inducono nell'opinione pubblica un'idea totalmente falsa della scienza economica, facendola passare per una "non-scienza" vagamente assimilabile all'astrologia o all'alchimia, che può essere colta di sorpresa in qualsiasi momento dalla dura realtà del dato (cosa che alle scienze asseritamente "dure" non potrebbe mai accadere). Invece non è così. Gli errori non sono stati tali: sono state scelte politiche. Gli strumenti tecnici per capire come intervenire c'erano, ma non li si è voluti usare perché questo avrebbe inciso appunto sulla distribuzione del reddito (riducendo la disuguaglianza, che è tanto brutta, signora mia, ma non quando sei dalla parte dei creditori e pagato per fare i loro interessi). Insomma: queste persone che preferiscono passare per ciarlatani, o quanto meno per ritardatari, anziché prendersi le loro responsabilità, tirare virilmente una riga e andare avanti, creano una enorme esternalità negativa, diffondendo la falsa percezione che le crisi economiche siano un dato ineluttabile, che non può che coglierci impotenti. Domani ci sarà un'altra crisi, e avremo altre lezioni da apprendere, perché è tutto nuovo, siamo in uncharted waters (altra espressione che mi dà un potente urto di nervi) e quindi chissà, magari intanto facciamo il contrario di quello che abbiamo studiato a scuola, poi se non funziona avremo ucciso qualche migliaio di persone e però sapremo che quello che era scritto nei libri era giusto.

Portare qualche migliaio di morti al tavolo di Econ101... ma con grande delicatezza, e naturalmente coi GMM!

Perché ci penso oggi?

Perché ieri Vladimiro ha conferito l'#allanimadelimortaccisua del giorno al compagno Wolfgang, che come sapete è vivo ed è anche l'unico a lottare se non insieme, quanto meno senz'altro per noi (perché come lo fa saltare lui l'euro, nessuno mai...).

Io ho stilato una relazione di minoranza, sostenendo che invece andava assegnato a questo simpatico personaggio, il quale, con grande delicatezza, ci dice che la prima lezione che il Fmi ha imparato dalla crisi è che se il tasso di cambio non è flessibile le crisi durano più a lungo, il che crea un problema. No, non alle popolazioni: al Fmi, perché potrebbe doversi "prepare for longer programs with more financing".

Ma io dico! Che la flessibilità del tasso di cambio sia uno strumento indispensabile per risolvere in fretta i problemi causati da shock macroeconomici esterni è scritto in ogni e qualsiasi libro di testo! Ma come si fa a dire che è una lezione dalla crisi? Ma dove cazzo avete studiato? Per stare al Fmi a prendervi palate di dollari pagando tasse a nessuno verosimilmente dovrete aver preso un dottorato in qualche prestigiosa università statunitense. E non sono stati in grado di dirvi quello che io a Pescara insegno nel corso di economia aziendale?

Siamo sicuri?

È credibile?

No che non lo è!

E infatti il volenteroso membro del Fmi lo confessa apertamente che questa cosa si sa, la si è sempre saputa, ed è sempre stata vera, quando dice che "an old truth re-emerged: adjusting the economy smoothly and quickly is much harder to achieve when the nominal exchange rate is not available to help, such as in currency union members" (traducetelo da voi che io già mi incazzo a leggerlo, figuratevi a tradurlo)!

Ma come "è riemersa"?

Questa vecchia verità è riemersa perché voi l'avete affondata. Il problema non è quello che la crisi ci ha insegnato. Il problema è quello che voi avete voluto dimenticare, e far dimenticare, affinché la disuguaglianza della quale oggi vedete i limiti, perché temete che vi travolga, potesse affermarsi, nell'interesse della forza sociale dominante, alla quale obbedivate.

Ma io non ce l'ho con voi, amici del Fmi, così come non ce l'ho con gli amici tedeschi, per altri versi. Alla fine, voi, come loro, avete eseguito gli ordini. Sì: preferirei che per salvare la vostra onorabilità non spalaste letame sulla scienza che pratico, ma capisco che voi avete comunque fatto il vostro lavoro, quello che vi chiedevano di fare, che eravate pagati per fare, e che avevate scelto, perché vi piaceva, e magari anche perché era pagato bene.

In questo non c'è nulla di male.

La mia riprovazione più profonda andrà sempre a quelli "de sinistra": a quelli la cui missione sarebbe stata tutelare il lavoro, tutelare i deboli, e che invece hanno disappreso prima e meglio di voi quello che prima e meglio di voi avevano appreso, come ho spiegato qui.

I "what-have-we-learned boy" mi indispongono, ma in fondo ci sono sempre stati, e la loro provenienza li rende in qualche modo meno pericolosi: che il Fmi possa essere il novello Robin Hood nessuno dovrebbe aspettarselo, e nemmeno chiederglielo (anche se magari due domande sul perché stia facendo finta di esserlo dovremmo porcele tutti). Gli "uscisti da sinistra" invece sono pericolosi: se qui in Italia ancora non è potuta maturare una coscienza di classe sufficientemente focalizzata sulla natura dei problemi che ci troviamo ad affrontare, questo dipende unicamente dalla loro opera di disinformazione. Sarà solo e soltanto colpa loro se decenni di politiche di destra alla fine gioveranno alla destra, se l'esito della crisi sarà una svolta autoritaria, e se per rimettere in soffitta lo stantio e polveroso principio di indipendenza della banca centrale dovremo passare per il calvario di un conflitto.

Ma questo, se siete qui, lo avete capito da tempo...


(...oggi ho chiuso due cose: [1] con Christian la versione delle simulazioni di uscita da sottoporre a #pirreviù - uno splendore, ma non ve ne parlo oltre, se non per ringraziarvi sempre del vostro sostegno ad a/simmetrie, del quale non dovrete pentirvi, e per dire agli eventuali inglesi o assimilati in ascolto che la presenterò a Manchester in questo convegno - [2] con Marta e Federico il programma del goofy5. Di quest'ultimo posso dirvi le date: 12 e 13 novembre a Montesilvano, e il titolo: "C'è vita fuori dall'euro (?)" La risposta non la so: sto stimando un panel coi GMM, ma le risposte sono ambigue. Forse dovrei controllare per "acoruzzzione", o provare a calcolare gli standard error col bootstrap, o magari prendermi un aereo, andare a Budapest, e vedere se una volta sceso dalla scaletta dell'aereo incontro essere viventi. A proposito: farò anche questo...)

domenica 10 luglio 2016

I sottotitoli

Er Palla s'è fatto dare francese. Ovvio gesto di rifiuto della figura paterna, data la mia nota facondia in quell'idioma (Bagnai lepeniiiiiiista...).

Martinetus, noto lenone nonché psicologo dell'età evolutiva, suggeriva, durante un nostro recente simposio: "Sinite parvulum venire ad me! A Losanna ce stanno certe regazze! Vedrai che poi gli viene voglia di studiare la lingua...".

Questa mattina, dopo essermi svegliato alle 4:30, aver calcolato i disallineamenti del cambio reale italiano rispetto ai principali partner, come da disegnino:



ed essermi fatto un'oretta di corsa con 28 gradi centigradi (a 5:46, perché frangar, non flectar, con quasi un litro e mezzo di disidratazione...), verso le 10 sento er Palla muoversi per casa. Scendo, e gli dico: "Sai, oggi dovremmo studiare un po' di francese...".

"Che palle!"

"Ma sai, tanto dobbiamo farlo. Ti faccio solo leggere qualcosa."

"Ma a me fa schifo parlarlo."

"Fai male, è un'ottima lingua, e poi può sempre tornare utile. Sostiene Martinet che lungo il Lemano la gnocca pullula."

"Che c'entra? La trovi pure qui, coi sottotitoli."







(...e gnente, manco la fica! Non si sa più come motivarli, questi giovini. Peraltro, è legge di natura che la straniera ami l'italiano truzzo, quello che parla poco. Rientra in un principio generale enunciato da Machiavelli e ripreso da Gadda, come ricorderete. Non entro nell'analisi sociologica e antropologica di come il rapporto dell'italiano con la straniera sia cambiato dai tempi miei a quelli della generazione Erasmus. Noi probabilmente eravamo eccessivamente interessati a mescolare i nostri DNA. I giovini odierni mi sembrano generalmente disinteressati ad accoppiarsi - o lo nascondono molto bene. Comunque, questo è un blog di economia, quindi eventualmente dovremmo occuparci di prostituzione! Tranquilli: torneremo presto a farlo...)

mercoledì 6 luglio 2016

CETA, UE e Brexit: oculos habent...

"Il CETA si fa, il CETA non si fa, il CETA dice questo, il CETA vuole quello"...

Per questo avete i gazzettieri.

Se siete qui è perché volete qualche riflessione originale, e io ve ne offro due al prezzo di una.

La prima: da quanto ce la menano col TTIP? Da anni. Qui ne parlammo (male) per primi nel 2014, evidenziando sì gli aspetti tecnici (le misure dei possibili impatti e i loro limiti metodologici, ad esempio), ma soprattutto gli aspetti comunicativi. Ecco, parliamo di questi. Del CETA da quanto sentite parlare? Da un paio di mesi. Ma le trattative vanno altresì avanti da anni. Il CETA non è molto diverso dal TTIP. Quindi, se si vuole fare un trattato di libero scambio non dico in segreto, ma con una certa discrezione, evidentemente lo si può fare. Son cose tecniche, laggente nun capischeno, e se ne sbatteno abbondantemente li cojoni (e io li capisco).

Ma allora perché la segretezza del TTIP viene ostentata con tanta insistenza? Una segretezza quasi caricaturale: i parlamentari che non possono portarsi nemmeno una matita per prendere appunti, o giù di lì, il documento custodito come nemmeno verrebbe custodita l'arca dell'alleanza, e via dicendo? Chissà...

Intanto, una variopinta corte dei miracoli di paladini della democrazia (?) combatte la sua battaglia, e noi tutti contenti: il bene vince, il male perde, la democrazia funziona. Un primo risultato, quindi, il TTIP l'ha senz'altro portato a casa, ed è quello di farci contenti e cojonati.

Se voi siete contenti. Io no, perché mamma mi ha fatto con l'orecchio musicale, e io qui la stecca la sento. Qualcosa che non torna nella storia c'è, e non è (solo) il contenuto del trattato, quanto (soprattutto) il modo in cui ce la stanno menando...

La seconda: torniamo al CETA. L'argomentone di quelli che dicono che lo scenario "norvegese" della Brexit (Inghilterra che entra nell'EFTA, e quindi nello Spazio Economico Europeo, riduce i suoi contributi a Bruxelles, e sostanzialmente si regola come prima, salvo poter riprendere un minimo di controllo sui flussi migratori - cosa a dire il vero incerta - e potersi muovere come meglio crede sui mercati emergenti) è che: "Eh, ma così non hanno voce in capitolo sulle regole comuni!"

Ora io dico: ma scusate, quando andate a comprare un'automobile, avete forse bisogno di sedere nel CdA della casa automobilistica di vostra elezione? Io non credo. L'idea che si possa trattare solo se si è al tempo stesso parte e controparte mi pare così, a pelle, un po' bislacca. Mi sembra che dica molto su come concepiscono il mercato e le trattative a Bruxelles, e poco su come va il mondo, perché, vedete, il mondo funziona in un altro modo.

Prendete ad esempio il CETA.

Noi al Canada vogliamo bene: il suo premier è un gran bonazzo (e pare non decerebrato, ma non ho esperienze dirette), ci sono tante foreste, le giubbe rosse, e poi c'è il mio stato, l'Alberta. Perché voi lo sapete, sì, che il Canada è uno dei grandi stati federali che Giove ci invidia: sarebbero, insomma, gli Stati Uniti del Canada, come l'Australia sono gli Stati Uniti dell'Australia, e l'India gli Stati Uniti dell'India. Certo, solo noi non riusciamo a fare gli Stati Uniti d'Europa: ci sono riusciti perfino gli indiani! Quelli di India, ovviamente. E quelli d'America? Bè, anche loro hanno dato alla causa il contributo che potevano dare: crepare. Sì, perché le grandi esperienze federali sapete come nascono, no? Prima si fa tabula rasa (l'India è un discorso a parte) e poi si fa una meganazione. Cosa che, a dire il vero, in Canada non è riuscita benissimo: gli indiani li hanno sterminati, i bisonti pure, ma i francofoni no, non ci sono riusciti (e forse non ci riusciremmo nemmeno noi in Europa), per cui il progetto proprio benissimo non va, tant'è che il mio caro amico Denis Grenier, musicologo del Québec, parla di Cacanada...

Ma sto divagando.

Noi, dicevo, al Canada vogliamo bene, ma alla fine che cos'è il Canada? Una immensa distesa di terra, abitata da appena 35 milioni di persone (poco più della metà della popolazione del Regno Unito: 65 milioni). Ora, capirete che, con buona pace degli scemi per i quali "nel mondo globale bisogna essere grandi" (territorialmente), i canadesi non sono supereroi: ne consegue che la loro produttività è umana, e pertanto il Pil del loro paese è, a dollari correnti, pari a 1552 miliardi: meno del nostro (1815 miliardi di dollari) e quasi metà di quello inglese (2849 miliardi di dollari).

Ora: voi volete dirmi che un paese al quale vogliamo bene, il Cacanada, che è un gigante in termini geografici, ma un normodotato in termini economici, riesce, dall'esterno dell'UE, a fare una "pace separata" con l'UE stessa, il famigerato CETA appunto, col quale dà alle sue aziende una bella serie di vantaggi, e un paese ben più forte economicamente, demograficamente, culturalmente, militarmente, il Regno Unito, non riuscirebbe a concludere accordi commerciali un minimo vantaggiosi per le multinazionali sue, o in esso insediate, senza doversi sorbire la fiatella etilica di Juncker?

Ma veramente pensate questo?

E allora siete come gli imbecilli che pensano che la grande Europa difenderà il proletario europeo dal capitalismo cattivo. Vedete come lo difende? Concludendo uno dietro l'altro accordi che permettono alle multinazionali di portare in tribunale gli stati sovrani se i regolamenti di questi ultimi ostacolano il libero commercio (il quale, storicamente, avviene sempre nell'interesse del più forte).

L'imbecille vi dirà: "Ma queFta non è l'Europa, non non vogliamo queFta Europa!".

Bene: sarà or che ve ne facciate una ragione: un'altra Europa non è poFFibile.

Un altro mondo sì: quello in cui oltre a tanta povera gente che avrebbe solo voluto vivere in pace protetta dalle istituzioni sociali e democratiche del suo paese, cominciassero ad andarsene, per par condicio, anche i Fognatori.

Ma questo mondo dobbiamo crearlo noi: ovviamente non sterminando i Fognatori (non vogliamo fondare uno stato federale, quindi la violenza, che deprechiamo, non ci serve), ma aprendo gli occhi e facendo ragionamenti semplici, quelli di fronte ai quali i mostri generati dallo scellerato Fogno della politica si dissolvono.

Insomma, ragionamenti come quelli che ho fatto oggi qui per e con voi: se un Trattato si può fare in segreto (come il CETA), è strano che la segretezza di un trattato come il TTIP venga invece sbandierata per creare allarme; e se uno stato che è la metà del Regno Unito, come il Canada, può negoziare con l'UE e dall'esterno dell'UE condizioni per sé vantaggiose, perché non dovrebbe riuscirci uno stato che è il doppio del Canada, come il Regno Unito?

Sono le cose semplici quelle che sempre sfuggono (forse perché semplice non vuol dire banale).

Le offro alla vostra discussione...


(...il sogno della politica genera mostri...)

(...domani giornata molto piena: vado a sentire Lavoie, poi Helleiner, poi ho un altro seminario del quale non posso parlarvi perché è under Chatham house rule. Cose che capitano quando il mondo diventa mainstream, e non ti può quindi più liquidare come eterodosso: ti fai tanti nuovi amici, e rimpiangi il tempo in cui erano tuoi nemici...)

martedì 5 luglio 2016

Quanto costa comprare tempo

Molto rapidamente: come andrà a finire lo sapremo. L'euro crollerà. Per l'Italia ciò comporterà, verosimilmente, un episodio tecnicamente definibile come "large devaluation", anche se dubito che si potrà parlare di un vero e proprio "currency crash" (alcune possibili definizioni le trovate a p. 303 di Milesi-Ferretti e Razin, 2000). Dovremmo perdere qualcosa di vicino al 30% (forse) rispetto al nucleo dell'Eurozona, ma sicuramente di meno verso dollaro (visto che Draghi ci ha già tirato giù) e poi verosimilmente rivaluteremmo verso la periferia dell'Eurozona: insomma, in termini effettivi (cioè in termini di media ponderata con le quote dei diversi partner commerciali) mi pare difficile che la svalutazione possa essere molto pesante, molto superiore a quella già sperimentata nel 1992, quella che, come diceva uno che se ne intende, ci aveva fatto bene.

Comunque, ammettiamo che lo sia, che sia un Armageddon...

Fin dai tempi di Krugman e Taylor (1978) si sa che una "large devaluation" può avere anche effetti recessivi. Certo, aiuta la ripresa delle esportazioni (se il paese ha ancora qualcosa da produrre), e scoraggia le importazioni (se il paese ha ancora qualcosa da produrre: due punti sui quali Gennaro Zezza attira sempre la mia attenzione), ma causa anche problemi agli operatori esposti finanziariamente in contratti non ridenominabili. Questo era lo standard dei paesi in via di sviluppo (indebitati in dollari), ed è diventato il nostro standard da quando ci indebitiamo in euro se il contratto non è regolato dal diritto italiano. La letteratura sulle "contractionary devaluations" si è sviluppata nel tempo. Uno degli studi più recenti è quello di Céspedes (2005), che analizza 82 episodi di "large devaluations" fra il 1980 e il 2001. Uno studio particolarmente rilevante per noi, perché non considera solo paesi in via di sviluppo, ma anche paesi avanzati, come ad esempio il nostro: il campione include le nostre due precedenti "large devaluations": quella del 1981 e quella del 1992, e quelle verificatesi negli stessi anni in Belgio, Finlandia, Regno Unito, Svezia, ecc. Le nostre le vedete in questa figura:


(i dati provengono da qui).

Questo studio me l'ha segnalato Jens Nordvig e forse ve ne ho già parlato. Il succo è riassunto dalla Table 9:


che indica qual è l'elasticità del prodotto rispetto a una svalutazione del cambio reale in corrispondenza di valori decrescenti dell'esposizione debitoria in valuta estera di un paese (per la definizione di cosa sia il "peccato originale" basta guardarsi original sin: come vedete, questa metafora è stata coniata da un nostro vecchio amico, e indica la percentuale di debito emesso dal paese i in una valuta non sua - e quindi non ridenominabile, e quindi soggetto a rivalutazione se il paese i svaluta).

Come si legge questa tabella? Semplice. Se un paese ha un debito estero non ridenominabile pari al 115.2% del Pil, una "large devaluation" che comporti una svalutazione reale poniamo del 20% causa una perdita di Pil (dovuta alla bancarotta degli operatori esposti in valuta estera) pari a 0.2 x (-0.148) = -0.0296 = -2.96%. Si perdono quasi tre punti di Pil nel primo anno (poi le cose si aggiustano).

L'Italia come sta messa?

Benino. Sempre secondo Nordvig (a p. 46) la nostra esposizione (lorda) in contratti non ridenominabili è intorno al 49% del Pil. In questo senso siamo il paese europeo che sta meglio, dopo la Germania:



Tuttavia Céspedes ci avverte che gli effetti recessivi di una svalutazione si fanno sentire oltre la soglia del 35.9% di esposizione, e noi, col nostro 49%, siamo appunto oltre. Volendo stimare per eccesso l'impatto di una svalutazione reale sul Pil italiano, dovremmo considerare nella Table 9 l'elasticità corrispondente a una esposizione del 54%. Ne risulta che una svalutazione reale del 20% provocherebbe per l'Italia una perdita di Pil pari a 0.20 x (-0.038) = -0.0076 = -0.76% punti di Pil. Insomma: nel primo anno l'economia si contrarrebbe, ma non di una cifra enorme: circa lo 0.8% del Pil. Poi riprenderebbe a crescere.

Un calo di questo ordine di grandezza, per liberarsi dal cappio dell'euro, potrebbe essere più che accettabile, considerando che siamo sopravvissuti (purtroppo non tutti) a una perdita cumulata di Pil pari a oltre dieci volte tanto negli ultimi sette anni! Ma naturalmente c'è un problema, che vi immaginate anche voi. Gli effetti sono tanto più piccoli, quanto più il paese è sano. Se prima della svalutazione il paese ha sperimentato una crisi bancaria, le cose vanno molto meno bene. Questo ce lo dice la Table 8 di Céspedes:


La vedete la variabile "Banking crisis(-1)"? Bene. Se l'anno prima c'è stata una crisi bancaria, bisogna sottrarre un altro -0.014 alla crescita nell'anno della svalutazione. Unito a quanto abbiamo visto, diciamo che fa una cosa tipo il -2.2% del Pil, cioè, ai livelli attuali, per dirla come la direbbe un giornalista, 600 euro a testa a ogni italiano, dei quali il 63%, pari a 378 euro a testa, sono quello 1.4% che ci costerà in più l'inevitabile svalutazione, per aver aspettato, prima di farla, che si verificasse l'inevitabile crisi bancaria.

Per carità, sono dati annuali.

Diciamo che è il famoso caffè al giorno che dovreste offrire a me, e invece offrite a Boccia (che in effetti è un po' nervosetto, ultimamente: forse avrà letto questa intervista?).

Il punto però credo lo abbiate capito. Siamo in mano a dilettanti che comprano tempo. E il problema è che lo comprano coi soldi nostri.

Amen.




La parabola della Brexit

(...carissimi, mi spiace se state a ròta. Capite bene che l'accelerazione degli avvenimenti mi impone altre priorità rispetto a quelle di gratificare il vostro io. Se volete leggere, da leggere ne avete tanto. Se lo aveste fatto, non vorreste farlo più, perché vi annoiereste, come mi annoio io, a registrare nei fatti un monotono, eterno 2+2=4. Almeno fosse ancora rivoluzionario! Macché! Siamo diventati mainstream, come lamentava non so più quale gazzettiere tempo addietro. Non c'è più nemmeno la soddisfazione di distinguersi dalla massa - fatti salvi alcuni casi patologici che chi frequenta Twitter conosce e che non vale la pena di segnalare a chi non lo frequenta. Non annoto più nemmeno i QED: sapete farlo da voi. Voglio però parlarvi della parabola della Brexit. Non è una storia molto lunga...)




La parabola della Brexit: e(t) = -0.0007 t2 + 0.0266 t + 1.1212.





(...chi l'ha capita è ingegnere. Per chi non l'ha capita, domani c'è la spiegazione sul Fatto Quotidiano...)

(... sentire Draghi dire roba simile! Lui! Lui inserito dal Tesoro americano nella lista dei manipolatori di moneta per aver attaccato l'euro dove voleva la Merkel! Lui che svalutando la valuta di una zona in surplus - l'eurozona - ha compiuto un gesto scorretto e aggressivo al quale tutti i maggiori partner mondiali hanno dovuto in qualche modo reagire, a partire dalla Cina! Lui che, non eletto da nessuno, si permette di dire "Temiamo le reazioni dei paesi che provino a correggere ciò che loro vedono come un tasso di cambio errato"! E perché mai un paese non dovrebbe desiderare di correggere una propria variabile macroeconomica, se la ritiene errata? Cosa vuoi fare, Mario? Vuoi decidere tu, che so, quale deve essere il salario reale dell'Indonesia? Quale deve essere il saldo delle partite correnti dell'Iran? Quale dev'essere il tasso di inflazione della Nigeria? E allora vai, caro, vai: prendi una piroga, un brigantino, una caravella, e vai a dirgli cosa ne pensi. Ma si può parlare così? Il più colossale manipolatore di valute della storia economica recente che se la prende con chi sta semplicemente reagendo alla sua sleale provocazione! Basta, devo smettere di scrivere: se uso troppi punti esclamativi Rockapasso mi cazzia. Ma dico: come si fa a mantenere la calma di fronte ad amenità simili? Veramente: il bue - castrato dalla Merkel - che dice cornuto al purosangue inglese - che in realtà è canadese...)